Una nuova organizzazione del potere: la polis, le leggi
La città-stato greca: la polis
La rivoluzione agricola e l’aumento della popolazione trasformano la vita comunitaria, che diviene sempre più complessa ma anche più ordinata. L’estensione della superficie coltivata rende necessario pianificare un sistema di difesa più efficiente del territorio, così i cittadini iniziano ad associarsi e imparano a cooperare. Anche l’incremento demografico favorisce questo processo. Infatti, mentre in piccole comunità era più semplice mantenere gli equilibri, in comunità sempre più ampie il potere diviene conteso e le dinamiche sociali progressivamente più complicate; nasce dunque l’urgenza di stabilire delle regole, di organizzare la società. Sorgono così strutture sociali elaborate, le città-stato dette poleis.
La polis si distingue eccezionalmente dalle entità politiche precedenti; a renderla unica nel suo genere è l’essere sovrana di sé stessa, e dunque autonoma e indipendente rispetto all’esterno, e l’essere senza sovrano al suo interno, dal momento che il potere non è nelle mani di una persona o un ristretto gruppo ma tutti i cittadini che vi abitano lo condividono. Attenzione, però, a non confondere i «cittadini» con gli «abitanti» della polis. La cittadinanza è infatti esclusivamente limitata ai figli di padre cittadino, e dunque è ereditaria, e solo una ristretta porzione di abitanti della città la possiedono.
La città-stato greca può avere estensione variabile; solitamente è piuttosto ridotta e l’intero territorio può essere attraversato in poche ore, ma ogni tanto accade che sia invece molto ampia, come nel caso di Atene, che include località distanti tra loro oltre una settantina di chilometri. Originariamente, come racconta anche Omero, era d’uso distinguere tra polis, la «città alta» cinta dalle mura che racchiudevano il palazzo del sovrano e il tempio della divinità protettrice, e asty, la «città bassa» che comprendeva le abitazioni dei cittadini. Ma nel corso dell’VIII secolo la distinzione tra polis e asty scompare, e la polis diviene semplicemente la «città», con i suoi palazzi arroccati e l’intero territorio circostante come parti combinate di un’entità unica e politicamente autonoma.
Le poleis differiscono tra loro in base all’ordinamento che le caratterizza:
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nella polis monarchica un gruppo di magistrati detiene prerogative più o meno estese, esercitando la sovranità in nome del popolo; la carica dei magistrati può essere attribuita per elezione o estrazione a sorte, ed essere vitalizia oppure temporanea; è possibile che esista un solo magistrato chiamato «re», ma questo non modifica la forma politica della città-stato, la cui sovranità non è di proprietà del re ma viene amministrata da lui in vece dei cittadini;
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nella polis aristocratica il governo è affidato ai «migliori», gli aristocratici; si tratta di un tipo di amministrazione oligarchica (appunto, «di pochi», gli aristocratici);
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nella polis democratica è il démos, il popolo, a esercitare l’attività governativa; naturalmente non si tratta di un ordinamento democratico come modernamente inteso ma effettivamente una parte di popolazione ben più consistente di quella che partecipa alle assemblee può condividere il potere, esclusi stranieri, schiavi e donne.
I legislatori, le leggi scritte
Nel corso dei secoli VIII e VII a.C. in Grecia vengono redatti diversi codici di leggi scritte, che accompagnano la maturazione politica che porta lo stato ad affermarsi rispetto all’interesse privato e rappresenta un limite concreto alla discrezionalità del diritto.
Verso la metà dell’VIII secolo le città di Corinto e Tebe, città dall’ordinamento oligarchico in cui un paio di centinaia di famiglie detengono il potere, iniziano a produrre leggi scritte con il primo obiettivo di conservare gli equilibri politico-militari esistenti, per aggirare il rischio di creare oligarchie troppo ristrette e smodati accorpamenti di terre.
Tra il VII e il VI secolo a Locri viene redatto un codice dal legislatore Zaleuco, che comprende sia leggi arcaiche, come la legge del taglione o la pena capitale per furto, che leggi più recenti, come quella a favore del baratto o per contenere il lusso. E sempre nello stesso periodo viene elaborata una raccolta di leggi anche a Catania, governata da Caronda, come documentato anche da Tucidide e Aristotele.
E che dire delle più celebri città-stato della Grecia? Tra il 624 e il 620 a.C. ad Atene il giurista Dracone elabora un codice di leggi che rappresenta un importante passo in avanti nella strutturazione del potere statale oltre che nel diritto. Sono previste norme penali all’avanguardia, che distinguono tra delitto volontario, preterintenzionale o giustificato, oltre che finalizzate alla normalizzazione delle controversie e alla repressione dei desideri di vendetta.
A Sparta invece la Grande Retra, attribuita a posteriori al legislatore Licurgo, definisce le prerogative del poteri cittadini e organi deputati, ma non si tratta di un codice scritto, anche se solo in parte tradotta in versi da Tirteo.