Spirito di crociata: il pericolo turco nel Mediterraneo e le guerre di religione in Francia
La guerra a Solimano Il Magnifico
Sin dal Quattrocento si assiste all’espansione turca nel Mediterraneo, snodo centrale nell’economia commerciale mondiale. Nel corso del secolo la potenza ottomana si consolida in tutta l’area mediorientale e nordafricana, senza dimostrare nessun interesse a invadere l’Europa (fatta eccezione per aree balcaniche e orientali). Tuttavia nel continente si diffonde la crescente insofferenza rispetto alla potenza turca, la cui azione si rivela destabilizzante per via: della pressione esercitata sull’area balcanica a scapito della sicurezza dei territori asburgici nell’area austriaca; della guerra di corsa (fenomeno della pirateria legittimata dal proprio Stato) condotta soprattutto contro Spagna, Genova e Venezia; dell’influenza commerciale crescente nel Mediterraneo.
In particolare, nella Spagna di Filippo II si alimenta un vigoroso spirito di crociata contro la prepotenza ottomana, che anima lo scontro con l’impero di Solimano il Magnifico già iniziato ai tempi dell’impero di Carlo V.
Nello scenario della guerra di Cipro (1570-73), conflitto tra la Repubblica di Venezia e l’Impero ottomano che si contendono il dominio sul Mediterraneo orientale, si verifica la celebre battaglia di Lepanto (1571), battaglia navale in cui la flotta cattolica guidata da Don Giovanni d’Austria (figlio di Carlo V) sconfigge quella turca.
La vittoria non determina alcun effetto geografico o politico; le conquiste ottomane non vengono intaccate e Cipro rimane sotto il controllo turco nonostante gli sforzi veneziani per conquistarla; ma lo scontro è importante per il suo grande valore ideologico; supportato anche dal papa Pio V, passa alla storia come battaglia contro l’infedele, come vittoria della cristianità contro l’islam.
Nel 1573 Venezia firma con l’Impero ottomano una pace a condizioni poco vantaggiose. Questo perché, più che dell’influenza turca, inizia a essere preoccupante la rapida ascesa dei nuovi porti atlantici di Lisbona, Anversa, Amsterdam.
Guerre di religione in Francia
Nella lotta contro Carlo V, Francia e papato si sono alleati in funzione anti-imperiale sino a giungere alla pace di Augusta (1555) che pone fine al progetto universale dell’imperatore. Il loro sodalizio si mantiene solido anche nella guerra contro Filippo II, il successore di Carlo V in Spagna.
Però, l’esercito francese viene sbaragliato da quello spagnolo nella battaglia di San Quintino (1557). Viene stipulata la pace di Cateau-Cambresis (1559) con cui si chiude definitivamente la secolare contesa tra le due potenze per il predominio sull’Italia: viene sancita l’egemonia spagnola sulla penisola. Si concludono così le guerre d’Italia.
Già gravata dalla difficile situazione in politica estera, la Francia deve affrontare le conseguenze dell’improvvisa morte del re Enrico II (1559). Si apre una crisi dinastica, situazione notoriamente tra le più problematiche per la stabilità interna di uno stato. Caterina de Medici, moglie fiorentina del defunto sovrano, assume la reggenza data la minore età degli eredi al trono.
Intanto nel paese, e in particolare nell’area sudoccidentale, la predicazione calvinista (nonostante sia proibita) recluta un consistente numero di seguaci. Così si assiste alla polarizzazione delle forze politiche del paese, che vedono contrapporsi:
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ugonotti (ovvero calvinisti francesi), rappresentati da alcune famiglie dell’altissima nobiltà tra cui i Coligny, i Condé e i Borbone;
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partito cattolico, che vede i suoi massimi rappresentati dalla famiglia dei Guisa, molto vicini alla reggente.
Nel 1562, con il massacro di un gruppo di protestanti a Vassy, si apre il trentennale conflitto tra cattolici e ugonotti, che vedrà innescarsi ben otto guerre di religione.
Nel 1572 si assiste al tentativo di pacificazione tra le due fazioni attraverso una soluzione dinastica orchestrata dalla reggente in accordo con i Coligny: Margherita di Valois, sorella del re, viene data in sposa a Enrico di Borbone, capo del fronte ugonotto. La notte stessa, il Coligny rimane vittima di un attentato e Enrico di Guisa, leader del partito cattolico, con l’approvazione della reggente capeggia il massacro di San Bartolomeo ai danni dei protestanti convenuti a Parigi per le nozze. L’evento aggrava i disordini.
Nel 1585 la corona francese passa a Enrico III, quarto figlio di Enrico II, che diffida del capo del partito cattolico Enrico di Guisa, fino a ora in stretti rapporti con la regina madre. Si apre un conflitto armato tra i due. Chiaramente entrambi sono anche in guerra con il capo ugonotto Enrico di Borbone, perciò si parla di Guerra dei tre Enrichi (1585-89); Enrico III fa assassinare Enrico di Guisa; un frate domenicano assassina Enrico III per vendicare la morte del capo cattolico.
Nel 1589 Enrico di Borbone, capo ugonotto, ottiene la corona con il titolo di Enrico IV:
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appena salito al trono, Enrico IV abiura la fede calvinista e si converte pubblicamente al cattolicesimo romano; questo evento rivela la necessità di un sovrano di età moderna di tenere conto delle istanze dell’entourage nobiliare che lo circonda; è la strategia del compromesso con i ceti che contano a garantire la stabilità del potere monarchico;
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sempre con l’intento di garantire la stabilità del regno, nel 1598 Enrico IV emana l’editto di Nantes con cui, nonostante il cattolicesimo venga riconosciuto religione ufficiale dello stato francese, vengono concessi importanti diritti agli ugonotti, ovvero la possibilità di professare la propria fede e il diritto di tenere delle piazzeforti armate in alcune città della Francia sudoccidentale.
Nel pieno dell’avvio di un processo di modernizzazione del paese, Enrico IV viene assassinato (1610) da un fanatico cattolico scettico circa la sincerità della sua confessione.