Il Rinascimento ellenico: le città-stato e la seconda colonizzazione

Il Rinascimento ellenico: le città-stato e la seconda colonizzazione

La fine del Medioevo ellenico e la rivoluzione agraria

Verso l’VIII secolo a.C. la Grecia esce dal suo «Medioevo». Il suo territorio è estremamente frammentato, gremito di innumerevoli città che pur accomunate da lingua e cultura comuni, hanno leggi e costumi autonomi e sono politicamente del tutto slegate tra loro: le poleis. Il superamento della tendenza regressiva che aveva caratterizzato i secoli precedenti è segnato dall’aumento demografico che, favorito dalla rivoluzione agraria, determina i due fenomeni che più contraddistinguono questa nuova fase della penisola: la riorganizzazione del potere in città-stato e l’espansione coloniale.

La modernizzazione della conservazione del grano è senza dubbio uno dei principali fattori di sviluppo economico e miglioramento della qualità di vita. Oltre a essere raccontati dalla letteratura, gli importanti rinnovamenti che investono l’agricoltura dalla metà del IX secolo a.C. sono documentati dai reperti e in particolare dagli studi di archeologia funeraria. Infatti l’uso di seppellire con il defunto gli oggetti a lui appartenuti durante la vita testimonia che proprio in questo periodo viene introdotto di un nuovo granaio, di cui innumerevoli modellini in terracotta vengono collocati nelle tombe.

Il grano viene conservato e distribuito meglio, la qualità dell’alimentazione si ottimizza e il tenore di vita migliora. Anche grazie a questo la popolazione cresce notevolmente, come nuovamente testimoniato anche dall’archeologia funeraria, che attesta l’aumento improvviso e considerevole di sepolture a partire dal VII secolo a.C. in particolare nelle grandi città: Atene, Argo, Corinto e Sparta.

L’incremento demografico e la seconda colonizzazione

L’incremento demografico e la pressione esercitata sui confini dall’aumento della popolazione innesca l’esigenza di estendere i territori disponibili. Intorno alla metà dell’VIII secolo ha inizio un movimento di espansione coloniale: varie città iniziano a inviare gruppi di cittadini verso altre aree bagnate dal Mediterraneo, che iniziano a fondare decine di nuove poleis, in varie aree costiere bagnate dal Mediterraneo:

  • area tirrenica e siciliana (Corcira, Cuma, Catania, Siracusa, Megara, Gela, Agrigento);

  • versante ionico o Magna Grecia (Sibari, Crotone, Locri, Taranto);

  • coste francesi, iberiche e africane (Sagunto, Emporion, Marsiglia, Cirene);

  • coste settentrionali dell’Egeo e del Mar Nero (Sitonia, Pallene, Acte).

La colonizzazione greca delle aree mediterranee è un fenomeno ordinato e pianificato dalle stesse città, non un caotico trasferimento di singoli individui. La metropolis, la città di origine, finanzia l’impresa, mette a disposizione le proprie navi e nomina un cittadino con pieni poteri ,militari e civili come capo della spedizione. Solitamente sono i cittadini in cerca di condizioni di vita più favorevoli, poveri o appartenenti a fazioni politiche sconfitte, a partire, ma non poco di frequente accade che siano anche i guerrieri aristocratici o semplicemente cittadini sorteggiati ad avventurarsi.

Anche se la tradizione classica racconta il colonialismo greco come un fenomeno di pacifico insediamento in terre disabitate, in realtà l’atto di fondazione delle colonie assume sempre una declinazione di espropriazione forzosa. Le spedizioni prevedono sempre l’occupazione e l’accaparramento di terre abitate e la sottomissione o l’allontanamento brutale delle popolazioni autoctone.

Nella colonia i cittadini esportano le proprie forme politiche e culturali: leggi, costumi, usanze, e riti religiosi, così il nuovo insediamento si configura come una sorta di «succursale» della metropolis fondata in terra straniera. Ai coloni è consentito mantenere la doppia cittadinanza e i legami con le città di origine rimangono forti, ma è inevitabile che nelle nuove fondazioni si creino dinamiche sociali nuove ed equilibri politici differenti, per forza di cose più originali e più liberi oltre che dalle pressioni delle autorità anche da quelle delle consuetudini.

Il superamento dei rigidi equilibri sociali delle città, che vedevano la preminenza delle solite famiglie aristocratiche, lascia affiorare un modello sociale più egualitario in cui oltre alle terre, anche poteri e prestigio si redistribuiscono in maniera meno selettiva. Ma attenzione, questa inclinazione egualitaria non deve trarre in inganno: quelle coloniali non sono società democratiche ma mantengono la struttura politico-sociale della madrepatria, fondata su criteri aristocratici e censitari e, sostanzialmente, oligarchica.