Restaurazione e Gloriosa rivoluzione (1688-1689)
Carlo II
Alla morte di Cromwell si conclude l’esperienza della repubblica. Il figlio e successore Richard si rivela incapace di gestire il potere, e così si ricostituisce il Parlamento che ripristina la legittimità monarchica offrendo la corona a Carlo II, erede del sovrano giustiziato. Il nuovo monarca riconosce le prerogative parlamentari con la Dichiarazione di Breda (1660), eppure svela presto le sue intenzioni assolutistiche, riaccendendo le tensioni con il Parlamento.
In particolare suscita scalpore il buon rapporto che Carlo II instaura con il re francese Luigi XIV, emblema dell’assolutismo monarchico in Europa. Nel 1670 i due sovrani stipulano segretamente il trattato di Dover, con cui Carlo II assicura sia di supportare militarmente la Francia contro le Province Unite, che di tentare il ripristino del cattolicesimo nel suo regno; in cambio, Luigi XIV si impegna a erogare annualmente aiuti finanziari all’Inghilterra.
Quando Carlo II concede la libertà di culto ai cattolici (1672) ed emana provvedimenti in favore delle minoranze religiose, il Parlamento reagisce con il Test Act (1673), provvedimenti legislativi che assoggettano l’assegnazione delle cariche pubbliche alla professione di fede anglicana, di fatto escludendo i cattolici.
Da Giacomo II a Guglielmo III
Ancor prima che Carlo II passi a miglior vita si aprono polemiche circa la sua successione. Infatti l’erede al trono è il fratello minore Giacomo II, convertitosi al cattolicesimo durante il suo soggiorno in Francia. Si delineano i due schieramenti che si fronteggeranno per secoli (seppur modificando le proprie caratteristiche e aspirazioni): quello dei whigs, determinati a negare a Giacomo II il diritto di successione al trono poiché cattolico, e quello dei tories, sostenitori di Giacomo II (proprio perché cattolici).
Giacomo II ottiene la corona nel 1685 e un paio di anni dopo annulla le disposizioni dei Test Act con la Dichiarazione di indulgenza (1687), che supera le limitazioni per i cattolici nell’accesso alle funzioni pubbliche; così, progressivamente la nobiltà cattolica ottiene le più prestigiose cariche del regno, destando la contrarietà del Parlamento. Ma l’apice della tensione tra il sovrano e l’assemblea parlamentare viene raggiunto quando il figlio di Giacomo II, e dunque legittimo erede al trono, viene dato alla luce. Infatti, concretizzatasi la possibilità di avviare una dinastia cattolica legata alla Chiesa di Roma (o «papista»), il Parlamento dichiara decaduto Giacomo II e offre la corona inglese allo statolder delle Province Unite, protestante, Guglielmo III d’Orange.
Giacomo II si dà alla fuga e il cambio di dinastia si conferma senza ulteriori conflitti. Guglielmo sposa la figlia di Giacomo II, Maria Stuart. Prima di salire al trono, i due regnanti vengono «invitati» a sottoscrivere la Dichiarazione dei diritti (Bill of rights, 1689), che converte il regno in monarchia costituzionale limitando l’autorità del sovrano e, di fatto, sottoponendolo alla supremazia del Parlamento. Il documento dichiara:
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l’imprescindibilità dell’approvazione del Parlamento per qualsiasi atto legislativo legalmente valido, oltre che per l’imposizione di tasse o l’arruolamento di esercito stanziale;
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il divieto per il re di dispensare dall’osservanza di leggi o di sospendere leggi;
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l’obbligo di convocare regolarmente il Parlamento; l’abolizione della censura all’interno dell’assemblea (libertà di espressione e stampa); l’elezione del Parlamento ogni tre anni;
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la tolleranza di culto fatta eccezione per il cattolicesimo; i cattolici vengono anche esclusi dalla successione.