La Grecia dei tiranni
Guerre civili e tiranni
Nel corso del VII secolo a.C. molte città greche rinnovano il proprio ordinamento politico; le classi aristocratiche faticano a mantenere il potere saldo nelle proprie mani e si strutturano governi timocratici, che vedono una partecipazione alla gestione della città in base alla ricchezza fondiaria. Da questa tendenza scaturisce una certa instabilità politica. I vari ceti si contendono il potere: i cittadini meno abbienti si sentono esclusi dalla vita civile ma scorgono uno spiraglio per inserirsi nelle dinamiche politiche, e ancor di più artigiani e commercianti, mentre gli aristocratici non hanno intenzione di perdere le proprie prerogative. Ne conseguono brutali guerre civili che conducono all’instaurazione di governi tirannici.
I tiranni, diversamente rispetto ai re legittimi che ereditano il trono, si accaparrano il potere con la forza e tendenzialmente lo esercitano secondo una declinazione demagogica, ricercando il sostegno del popolo, dei ceti meno abbienti ed esclusi dalle dinamiche del governo. Solitamente i tiranni riescono a ottenere il consenso popolare, magari sfruttando le proprie gloriose imprese militari, e anche grazie all’appoggio dell’esercito riescono a estromettere dal potere gli aristocratici e a soppiantare le istituzioni legali.
In età arcaica è comune che una situazione di crisi porti all’instaurazione di un potere dispotico per stabilizzare la situazione. Naturalmente gli aristocratici tentano di recuperare le proprie antiche prerogative appena possibile; ristabilito l’equilibrio, infatti, si prodigano per spodestare il tiranno e recuperare il potere. Questo non avviene pacificamente: gli aristocratici si associano in gruppi di etairoi (ovvero «compagni»), organizzazioni che fanno la guerra ai tiranni e se la fanno tra loro per prevalere le une sulle altre. I sanguinosi contrasti che ne derivano generalmente conducono al ripristino di assetti oligarchici o moderato-democratici.
Alcuni contesti favoriscono l’insorgere di governi tirannici rispetto ad altri; nelle colonie, per esempio, la costante pressione esercitata dall’esterno sui confini alza la necessità di organizzare la difesa del territorio e l’esigenza di stabilità politica rende più solido e durevole il potere dei tiranni.
Cosa contraddistingue la tirannide dell’antica Grecia?
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il tiranno detiene il potere assoluto; diversamente rispetto agli altri ordinamenti statali, è lo stato, in questo caso rappresentato da una sola persona, a tenere strette le redini della vita politica e saldo il controllo sociale;
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per mantenere, seppur un precario, equilibrio del regime, il tiranno ricerca l’appoggio del popolo e in particolare delle classi più povere e politicamente emarginate; anche per questo motivo pianifica un programma economico di sussidi e di rinnovamento urbanistico;
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naturalmente per il tiranno si innesca la necessità di arginare le forze aristocratiche che non accettano di perdere le proprie tradizionali prerogative, contestandone i principi e il lusso sfrenato.
Paradossalmente la tirannide avvia il processo di strutturazione democratica che tradizionalmente contraddistingue le città-stato greche. Questo accade perchè la necessità del tiranno di erodere il potere aristocratico lo porta a ricercare, e dunque a coinvolgere nelle dinamiche politiche, i ceti popolari, che di contro in lui intercettano una fonte di tutela contro la prepotenza aristocratica.
I Clipselidi a Corinto
Nel VII secolo a.C. la città presenta un ordinamento oligarchico in cui sono i Bacchiadi a essere i soli detentori dei privilegi, e per mantenerli portano avanti una politica matrimoniale che combina unioni esclusivamente tra i membri di un paio di centinaia di famiglie.
Nel 658 a.C. prende il potere il tiranno Clipselo, ricordato dalla tradizione come un uomo valoroso, moderato e dai principi democratici, che con il suo regime tirannico libera la città dalla prepotenza dei Bacchiadi. La letteratura ne restituisce una memoria positiva, dipingendolo come l’uomo che ripristina la pace sociale, integra gli esclusi e richiama gli esuli ed è talmente amato dal popolo da poter rinunciare alla protezione delle guardie del corpo.
Il successore Periandro, invece - che sale al potere nel 628 a.C. - viene presentato come un tiranno spregevole, e il giudizio che gli storici (tra cui Erodoto e Aristotele) esprimono su di lui è decisamente negativo. Si racconta che appena preso il potere si sia liberato di tutte le personalità importanti della città per evitare rischi di sovversione, e che a differenza del suo predecessore si sia circondato di oltre trecento lancieri come guardie del corpo, evidenziando la sua impopolarità. Eppure descritto come un politico molto saggio, il cui governo si rivela in grado di ristabilire la pace sociale, oltre che di instaurare relazioni internazionali dinamiche.
Alla morte di Periandro, il potere viene assunto da Psammetico, che tuttavia rimane in carica per soli tre anni e finisce eliminato da una rivolta fomentata da Sparta. Viene così ripristinato un ordinamento moderato di impronta oligarchica.