Un nuovo sovrano franco: Carlo Magno
Le campagne militari di Carlo
Nel 768 muore Pipino il Breve e il regno dei Franchi viene spartito tra i suoi due figli, Carlo e Carlomanno, che muore poco dopo. Così il solo Carlo, il futuro Carlo Magno (ovvero «il Grande»), riunifica i territori sotto il suo controllo e rapidamente avvia una politica estera espansionistica, che lo conduce a estendere i propri domini dal Mediterraneo al Mare del Nord:
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poco dopo essere stato incoronato, il nuovo sovrano ripudia la moglie Ermengarda e con questo atto lancia un chiaro segnale di rottura della tregua con i Longobardi; si riaprono le ostilità; i soldati di Carlo discendono in Italia nel 774 e sbaragliano rapidamente l’esercito guidato da Adelchi, il figlio del re Desiderio; i territori centro-settentrionali della penisola vengono sottoposti alla dominazione franca, ma mantengono le proprie leggi andando a costituire di fatto un regno separato;
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l’esercito franco annette poi i territori corrispondenti alle attuali Olanda e Germania del nord, sconfiggendo Sassoni e Frisoni; questa volta la campagna si rivela difficoltosa e la resistenza delle popolazioni locali si protrae per oltre trent’anni (772-804); oltre a essere una guerra di conquista, questa è anche una guerra di religione tra cristiani e pagani; alla conquista carolingia seguono la conversione forzata e lo sterminio degli oppositori;
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i Carolingi si scontrano poi con i Bavari, conquistando i territori corrispondenti all’attuale Germania sud-orientale (Baviera) e all’attuale Austria meridionale (Carinzia);
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Carlo rivolge infine le sue mire espansionistiche verso i territori iberici occupati dagli Arabi; la campagna si rivela ardua e la prima spedizione in Spagna (778) si risolve in una sconfitta; durante la ritirata, i baschi attaccano e sconfiggono nella battaglia di Roncisvalle la retroguardia dell’esercito franco guidata dal conte Rotlando, celebre episodio narrato anche in diverse opere letterarie.
Il giorno di Natale dell’anno 800 Carlo viene incoronato imperatore da papa Leone III nella basilica di San Pietro e acclamato come erede degli imperatori romani designato direttamente Dio: «Augusto, coronato da Dio, grande e pacifico imperatore dei Romani». L’evento non può che destare malumori alla corte bizantina, dal momento che gli imperatori d’Oriente si ritengono i soli legittimi eredi dell’Impero di Roma.
Eppure a Bisanzio ci sono ben più gravi problemi a cui pensare: sono in atto violenti scontri per il trono che rendono fragilissima la stabilità politica, così il titolo di Carlo viene riconosciuto in cambio della sua rinuncia di ogni pretesa su Venezia (accordo firmato nell’812). Affermata la sua autorità, Carlo stabilisce la capitale del suo impero nella città tedesca di Aquisgrana e qui fa costruire il palazzo in cui risiederà la cancelleria imperiale che lo affiancherà nella gestione del suo grande regno.
Carlo detto «Magno»: la rinascita dell’impero
Il grande obiettivo di Carlo Magno è ripristinare l’unità perduta con il crollo dell’impero romano: unità geografica, che persegue con le campagne militari, e unità politica e religiosa, che ricostituisce attraverso un enorme lavoro di riassetto legislativo e amministrativo.
Per prima cosa, Carlo riorganizza i territori dell’impero e ne delega la gestione ai suoi funzionari, il cui operato viene tenuto sotto controllo da un paio di missi dominici (un laico e un ecclesiastico):
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suddivide il regno in contee (circa duecentocinquanta) e ne affida il governo ai conti, che si occupano di garantire l’ordine pubblico e la difesa, di amministrare la giustizia e di coordinare il prelievo fiscale;
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per la protezione delle aree di confine, esposte alla costante minaccia di attacchi dall’esterno, organizza il territorio in marche, circoscrizioni che comprendono più contee, e le affida all’amministrazione dei marchesi;
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le regioni abitate da gruppi etnici definiti e poco inclini al governo franco (per esempio i Sassoni) vengono organizzate in ducati, circoscrizioni ancor più estese affidate al governo dei duchi.
Durante il regno di Carlo Magno vengono emanati moltissimi decreti imperiali che si vanno a sommare alle regole preesistenti. Infatti in età carolingia non esiste ancora un unico ordinamento giuridico ma diritti feudali ed ecclesiastici e consuetudini diffuse affiancano gli atti normativi emanati dal sovrano. La produzione legislativa carolingia consta di capitolari, il cui testo è suddiviso in brevi articoli detti «capitoli»; ne esistono di vari tipi:
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capitolari legibus adenda ovvero «in aggiunta alle leggi», che vanno a integrare le leggi già in vigore in una determinata area dell’impero; per essere validi devono essere ratificati dalle assemblee di uomini liberi;
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capitolari per se scribenda che vengono emanati direttamente dall’imperatore e non necessitano di ulteriori approvazioni; sono validi in tutto il territorio dell’impero e sono relativi alla riscossione fiscale, al diritto penale, all’amministrazione curtense;
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capitolari missorum ovvero «dei missi», destinati appunto ai funzionari imperiali con l’incarico di controllare l’operato di conti, marchesi e duchi;
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capitolari ecclesiastici che sono destinati al clero; grazie a questi provvedimenti viene stabilita una liturgia e un calendario liturgico comuni alle varie diocesi, viene regolamentata l’istruzione del clero e in molti monasteri si diffonde la regola benedettina.
Un ulteriore fattore di unificazione del regno è senz’altro rappresentato dalla riforma monetaria. Infatti, mentre dopo il crollo dell’impero romano ciascun regno emana le proprie monete, Carlo Magno si arroga il diritto esclusivo di conio delle monete in tutto il territorio imperiale; così iniziano a essere prodotte solo monete d’argento di ugual valore dette «denari». Il fatto che il sistema monetario carolingio preveda un solo pezzo monetale e non necessiti di coni di taglio maggiore o minore è significativo e riflette l’arretratezza economica dell’epoca, con traffici commerciali ristretti e scambi per lo più basati sul baratto.
Se l’economia carolingia non è particolarmente vivace, si registra invece un certo dinamismo culturale promosso dallo stesso imperatore, che trasforma la sua corte in un crocevia di intellettuali e fonda nella capitale la Scuola Palatina, frequentata da illustri uomini di cultura provenienti da ogni dove. Carlo incentiva anche la nascita di scuole nei monasteri e nelle chiese vescovili, dato che agli ecclesiastici – che sono gli unici a sapere leggere e scrivere – affida ruoli amministrativi, e dunque migliorare la loro formazione equivale a potenziare l’efficienza di governo del regno. Infatti Carlo Magno riconosce anche il grande potenziale della cultura può rivestire per l’amministrazione del regno, perciò recupera l’uso del latino, il cui insegnamento è stato trascurato per secoli dopo il crollo dell’impero, e incoraggia l’abitudine a uno stile di scrittura nuovo e più leggibile, la «minuscola carolina», facilitando la comunicazione a distanza tra i funzionari.
Le riforme carolinge rimangono tuttavia circoscritte nell’ambito delle istituzioni ecclesiastiche e non coinvolgono in alcun modo la società, perciò è improprio ritenere la «rinascita carolingia» un’anticipazione della movimento culturale rinascimentale.