L'economia nel Medioevo e le curtes
Popolazione, città, commerci nel Medioevo
Durante il Medioevo si assiste a un importante calo demografico: in età imperiale si stima una popolazione di circa 32 milioni, mentre nel Quattrocento di circa 27 milioni. In particolare la diminuzione si verifica in Italia, dove la popolazione addirittura si dimezza. Questo ha diverse conseguenze:
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vengono abbandonati molti terreni prima coltivati; si assiste al rimboschimento paesaggistico e selve e foreste avanzano nelle zone incolte; queste vengono sfruttate per procacciare selvaggina, frutti spontanei e legna, oppure per il pascolo;
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si spopolano le città, che in epoca romana erano un viavai di abitanti, commercianti e artigiani;
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la diminuzione della popolazione, la crisi delle città e i pericoli crescenti per terra e per mare determinano una contrazione dei commerci; si conduce un’economia di sussistenza in cui la produzione è finalizzata all’autoconsumo piuttosto che alla vendita; l’uso della moneta viene meno e torna l’abitudine al baratto; tuttavia il commercio non scompare del tutto, avviene nei mercati delle città e dei grandi borghi, su media distanza per merci come il sale e su lunga distanza per i beni di lusso come sete e spezie orientali.
L’azienda agricola medievale: la curtis
Le campagne nel Medioevo sono organizzate in aziende agricole dette curtes; ciascuna comprende:
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una parte gestita direttamente dal proprietario, detta dominicato, che rappresenta il fulcro produttivo e amministrativo dell’azienda; comprende vasti appezzamenti di terra coltivata dagli schiavi e vi si trovano frantoi, granai, macine e magazzini per il raccolto; vi si trovano anche laboratori per la tessitura di cotone e lana;
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il massaricio, insieme di tanti piccoli appezzamenti detti mansi, la cui gestione è delegata ai coloni o ai contadini, che pagavano l’affitto in denaro, in parte di raccolto oppure con ore di lavoro gratuito nei campi del dominicato, dette corvées.
La gestione della curtis implica grandi oneri e non pochi rischi, per questo è frequente che un piccolo proprietario si affidi alla protezione di un potente signore, scegliendo di donargli la propria terra, detta «allodio», per continuare a usufruire della stessa in cambio di un affitto e divenendo, di fatto, massaro. Questa dinamica favorisce la diffusione dei latifondi, enormi appezzamenti di terre coltivate da molti contadini ma di proprietà di un singolo individuo.
Se è vero che durante il Medioevo si assiste a un sostanziale declino del commercio dinamico che distingue l’epoca romana, non si può però definire l’economia curtense come chiusa e priva di scambi commerciali. Le curtes non erano aziende autosufficienti ma l’accesso al mercato era indispensabile sia per reperire molte merci (come il sale e i metalli) che per smaltire l’eccesso produttivo delle curtes; questo veniva venduto e il suo ricavato in denaro veniva impiegato nell’acquisto di merci pregiate (spezie, tessuti, armi). E poi il sistema delle curtes, seppur piuttosto esteso, era comunque affiancato dalla permanenza della piccola e media proprietà contadina e soprattutto non si era diffuso proprio in tutta Europa (per esempio, il fenomeno non interessa il Mezzogiorno).
Non è però errata la percezione di una tendenza economica alla chiusura, che oltre ad avere risvolti sul piano commerciale, ha considerevoli conseguenze sul piano sociale. Tra le più interessanti vi è senza dubbio la scomparsa della schiavitù nel mondo occidentale, fenomeno non assoluto né improvviso, dettato oltre che dalla nuova organizzazione del lavoro, anche dal questionare della Chiesa, che inizia a mettere in dubbio la legittimità morale dell’economia tardo-antica in larga parte retta sulla manodopera schiavile. Il superamento dell’impiego massiccio di schiavi stimola nuove innovazioni tecniche, oltre che il recupero di strumenti come il mulino ad acqua, e favorisce la riqualificazione del lavoro come attività dignitosa e non riservata esclusivamente al fondo della piramide sociale.