Dall'impero romano all'impero carolingio

Dall'impero romano all'impero carolingio

L’impero carolingio: geografia, amministrazione, sacralità

L’impero romano era molto più esteso rispetto a quello carolingio; aveva il suo centro nel Mediterraneo e includeva tutti i territori che vi si affacciavano, dall’Europa meridionale all’Africa settentrionale. L’impero di Carlo Magno invece si limita alla sola Europa centrale, non comprendendo l’Italia meridionale e la stessa Roma, il cuore del vecchio impero. Eppure Carlo Magno si percepisce come un erede degli imperatori romani a tutti gli effetti.

Oltre a essere geograficamente diversi, i due imperi differiscono dal punto di vista amministrativo. La burocrazia romana è efficiente, raggiunge tutte le aree dell’impero ed è in grado attraverso funzionari qualificati ed esperti di Diritto di governare a distanza le province; la burocrazia carolingia invece è decisamente più basilare: i funzionari vengono selezionati tra i guerrieri franchi, non propriamente formati per i loro compiti, e collegamenti e comunicazioni tra le varie aree dell’impero sono ostacolati da infrastrutture in rovina che mancano di manutenzione.

Nell’XI secolo l’impero carolingio viene ribattezzato come Sacro Romano Impero definendo la sua connotazione marcatamente cristiana. Le stesse imprese militari del regno vengono giustificate con motivazioni religiose e le campagne di conquista vengono legittimate come guerre contro gli «infedeli», i pagani e gli Arabi. Anche le strutture amministrative si servono dei chierici – gli unici in grado di leggere e scrivere – come funzionari, e anche i consiglieri dell’imperatore sono degli ecclesiastici. Per garantirsi la loro fedeltà e collaborazione, Carlo Magno concede loro le immunità, privilegi simili a quelli dei latifondisti di epoca romana, come amministrare la giustizia e riscuotere le tasse, che finiranno per alimentare centri di autonomi di potere e rendere l’impero sempre più fragile.

L’impero carolingio: un «impero personale»

A Carlo Magno va riconosciuto il merito di essere stato in grado di ridurre all’obbedienza l’aristocrazia militare, tradizionalmente poco incline a sottostare alla volontà dei sovrani. Se nell’impero romano prevalevano i rapporti di tipo istituzionale, ovvero i funzionari si sentivano tenuti al rispetto dello Stato e delle sue leggi in quanto tali, in età carolingia si indebolisce la concezione di Stato come ente impersonale e i rapporti istituzionali lasciano spazio a rapporti di tipo personale, ovvero fondati sul legame tra due persone, sulla fedeltà e sulla fiducia tra loro, così come era d’uso nel mondo germanico (anche se con delle differenze).

Come funzionano dunque i rapporti in età carolingia? Secondo l’istituto del vassallaggio, un guerriero, detto vassallo (o vasso) si pone sotto la protezione di un signore e gli giura fedeltà, ricevendo in cambio protezione; il giuramento avviene durante la cerimonia dell’omaggio, con una certa declinazione sacrale: il vassallo si inginocchia davanti al signore, i due si prendono le mani e il giuramento avviene sul Vangelo o su una reliquia, creando un legame indissolubile, scindibile solo con la morte di uno dei due contraenti. Trattandosi di un legame personale, il rapporto vassallatico non è trasmissibile agli eredi (il figlio di un vassallo può subentrare al padre solo ripetendo il giuramento e non in automatico).

Sul rapporto vassallatico viene anche a strutturarsi il sistema economico del tempo. Infatti tra gli obblighi del signore vi è quello di assicurare al vassallo il mantenimento e a questo scopo può accoglierlo nella propria abitazione oppure concedergli un feudo (detto anche beneficio) ovvero delle tenute agricole da far coltivare ai propri servi; questo tipo di concessione non prevede però alcun potere di governo sul territorio: il vassallo non può amministrare la giustizia o riscuotere le tasse del feudo, queste rimangono prerogative di conti e duchi. Così come il rapporto vassallatico, anche il feudo non è ereditabile e alla morte del vassallo si presuppone che ritorni al signore (anche se di fatto accade di rado).