Crisi del potere statale e «dottrina delle due spade»

Crisi del potere statale e «dottrina delle due spade»

Si disgrega il potere centrale: alle origini del feudalesimo

La struttura statale che mantiene ordine nell’Impero romano entra in crisi nell’Alto Medioevo. Lo stesso concetto di Stato viene meno, il potere centrale si disgrega e sorgono tanti centri autonomi di potere (più o meno vasti, da piccole città a intere regioni) in cui sono i latifondisti a governare, amministrare la giustizia e gestire la fiscalità e le tasse. Si circondano di uomini armati e con i loro eserciti mantengono l’ordine pubblico e provvedono alla difesa militare.

Nel corso del VII secolo e ancor più nel mondo carolingio si delinea una struttura politica nuova, il feudalesimo. Mentre nella civiltà greco-romana protagonista è il cittadino, che riconosce uno Stato e le sue leggi e si muove entro i confini di determinati diritti e doveri, nel mondo medievale i rapporti istituzionali lasciano spazio a rapporti di tipo personale. A prendere il posto del cittadino è il vassallo, individuo legato al re in cambio della concessione di un beneficio.

L’istituto del vassallaggio, estraneo alla tradizione romana, si ispira alle civiltà germaniche, società tribali perlopiù guerriere in cui il potere aggregante delle comunità è affidato ai legami di solidarietà. Più semplicemente, il vassallo promette fedeltà - intesa anche come forza militare e forza lavoro - al re, che in cambio affida al proprio subalterno una terra da coltivare. Il vincolo viene sancito sacralmente durante la cerimonia dell’investitura, dura per tutta la vita e non è ereditabile.

La società feudale si inizia a strutturare con i regni romano-barbarici, ma è in particolare nella società dei Franchi, e nello specifico carolingia, che si perfeziona imponendosi quale modello per l’intero mondo medievale. Si tratta di un sistema organizzativo che esercita una considerevole pressione centripeta sia a livello economico che politico, che «frammenta lo Stato» e finisce per compromettere irrimediabilmente il sistema amministrativo e burocratico romano.

Al centralismo imperiale si contrappone dunque pluralismo feudale, che vede una moltitudine di istituti di potere radicarsi per il territorio, in una commistione di privato e pubblico in cui le autorità politiche, economiche e militari recidono i propri legami con lo Stato e si rendono indipendenti e «personali».

La «dottrina delle due spade»

In età medievale l’aristocrazia guerriera in larga parte analfabeta prende il posto del ceto dirigente colto dell’età romana. La debolezza delle istituzioni pubbliche spinge la Chiesa a inserirsi nei compiti di governo e così spesso sono i vescovi, che godono di un certo prestigio, a governare le città occupandosi di organizzare la vita della comunità, difendere militarmente i territori, amministrare i tribunali.

Si afferma così una teoria politica nuova, la «dottrina delle due spade» secondo cui esistono due poteri universali legittimati da Dio:

  • impero, che esercita il potere temporale ovvero politico, si occupa dell’attività di governo per orientare la società al benessere materiale;

  • Chiesa, che esercita il potere spirituale, si occupa della cura delle anime per condurre l’umanità sulla via della salvezza.

In teoria i due poteri dovrebbero completarsi, in pratica si scontrano per tutto il Medioevo.

È proprio in Età medievale che il vescovo di Roma emerge tra gli altri vescovi si afferma come capo della Chiesa e di fatto detentore del potere spirituale; così, il titolo onorifico di «papa» tradizionalmente utilizzato per tutti i vescovi, dal VI secolo inizia a distinguere il solo vescovo di Roma, che anche in virtù della propria discendenza da San Pietro rivendica il primato rispetto agli altri vescovi.

Ruolo centrale nell’affermazione del primato del papa è rivestito da Gregorio Magno, vescovo di Roma tra il 590 e il 604. Profondamente avverso al cesaropapismo (ovvero alla pretesa imperiale di gestire gli affari ecclesiastici), quando viene eletto papa Gregorio Magno si impegna per rafforzare l’indipendenza della Chiesa dal potere politico e affermare il primato di Roma. Nei documenti pontifici adotta l’attribuzione di «servo dei servi di Dio», utilizzata nell’Antico Testamento per distinguere una condizione di preminenza.