Carlo V: il fallimento del progetto universale
Carlo V contro i principi protestanti
Nel 1529 Carlo V tenta di riproporre l’Editto di Worms (1521), con cui viene proibita la predicazione della dottrina riformata nei territori del Sacro Romano Impero; ne deriva una sollevazione dei principi tedeschi, che sostengono con forza la legittimità della Riforma protestante («protestamur!»).
Nel 1530 Carlo V convoca la Dieta di Augusta; in questa occasione i protestanti presentano la Confessione Augustana, atto di professione di fede che chiarifica le posizioni luterane; è il documento ufficiale che pone le basi dottrinali della Riforma, redatto dal teologo umanista Filippo Melantone, il «braccio destro» di Lutero.
Nel 1531 i principi protestanti fondano la Lega di Smalcalda, alleanza militare di carattere difensivo. Gli anni seguenti sono caratterizzati da aspri scontri tra le forze cattoliche e quelle protestanti, che costano migliaia di morti. Si schierano contro l’imperatore anche la Francia di Enrico II e il papa, a riprova del fatto che gli attori dello scontro non sono soggetti religiosi, ma soprattutto politici; ecco perché il papa non parteggia per Carlo V nonostante entrambi si propongano quali difensori del cattolicesimo.
Nel 1555 lo scontro tra Carlo V e le forze protestanti conduce alla pace di Augusta, con cui viene sancita la validità del principio «cuius regio eius religio», ovvero «i sudditi seguono la religione del principe»; Carlo V è costretto a riconoscere ai principi protestanti le garanzie richieste e a rinunciare al sogno del suo impero universale compattato all’insegna dell’unità religiosa e politica. Con la pace di Augusta si riassorbono i conflitti religiosi in Germania; il territorio viene di fatto suddiviso in aree cattoliche e aree protestanti; la situazione sarà differente in Spagna e in Italia, dove i pochi seguaci di Lutero verranno duramente perseguitati, e in Francia, dove si aprono le guerre di religione.
Nel 1556 Carlo V abdica spartendo il suo impero tra gli eredi: il figlio Filippo II ottiene la corona di Spagna e il fratello Ferdinando ottiene il titolo imperiale e i domini asburgici.
Dal luteranesimo a nuove confessioni
A Zurigo, l’umanista di impronta erasmiana Huldrych Zwingli avvia un’intensa attività di predicazione di ispirazione protestante, ottenendo il consenso della borghesia mercantile, di fatto l’autorità cittadina. Per Zwingli il cristiano deve agire nella sfera pubblica; la sua principale missione è esercitare la necessaria pressione politica in una prospettiva teocratica. I punti chiave della sua predicazione si incentrano su negazione della transustanziazione, proibizione delle immagini sacre e negazione del culto dei santi.
I cantoni svizzeri cattolici reagiscono duramente; con la battaglia di Kappel del 1531 l’esperimento si conclude con l’uccisione dello stesso Zwingli.
Incomparabilmente maggior fortuna avrà la declinazione calvinista del protestantesimo. Giovanni Calvino opera a Ginevra e nel 1536 pubblica l’Istituzione della religione cristiana, opera che enuncia i parametri dottrinali della sua predicazione:
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dottrina della doppia predestinazione, alla nascita l’uomo è già salvato o dannato; lavoro, impegno sociale e rigore morale sono solo gli strumenti a disposizione per cercare di comprendere se si è destinati o meno alla salvezza;
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organizzazione delle istituzioni cittadine in prospettiva teocratica, le istituzioni devono essere politiche e religiose al tempo stesso;
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internazionale evangelica, bisogna predicare il calvinismo affinché si affermi in tutta Europa.
La riforma anglicana
In Inghilterra la predicazione di Lutero non ha grande seguito (diversamente rispetto alla Scozia). Come si spiega, dunque, lo scisma anglicano, ovvero la rottura della Chiesa inglese da quella di Roma?
Il re inglese Enrico VIII è sposato con Caterina d’Aragona ma non riesce ad avere da lei l’erede tanto atteso. Così avanza al papa la richiesta di annullamento del matrimonio per poter sposare Anna Bolena. In un delicato momento del contesto internazionale, il papa non vuole creare tensioni tra stati, oltre che non arrecare offesa alla cattolicissima corte spagnola, così respinge la richiesta del re.
Enrico VIII risponde proclamando l’Atto di Supremazia (1534), con cui il sovrano stesso viene riconosciuto come massima autorità religiosa e capo della Chiesa inglese e l’arcivescovo di Canterbury viene chiamato ad affiancarlo. Viene altresì disposto il sequestro dei beni della Chiesa (di cui beneficiano i sostenitori del re). È interessante sottolineare che non viene apportata nessuna modifica dottrinale rispetto al cattolicesimo di Roma e anche l’organizzazione del clero resta immutata; per questo si parla di «cattolicesimo senza papa».